1. Capitolo 6: Benvenuti a Niamar Qur!

    AvatarBy Fiamma Drakon il 2 May 2013
     
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    Genere: Avventura, Comico, Sovrannaturale (a tratti Drammatico, Romantico, Science-fiction)
    Personaggi (principali): Alice Dunkelheit, Claude Blackrow, Mortimer Werwolf, Sinner, Vivianne Vonthres
    Disclaimer: Tutta roba mia e della mia testolina, pertanto qualsiasi somiglianza con persone realmente esistenti (se presente ma non credo proprio) è completamente casuale e non voluta.
    Wordcount: 4233 (FiumiDiParole)


    Nell'abitacolo della jeep su cui Alice e Claude viaggiavano il sole cocente del deserto filtrava appena attraverso i finestrini oscurati, creando un microclima interno accettabile.
    «Mmh...».
    Il mugolio riflessivo di Alice risuonò ben percepibile nel silenzio che aleggiava nella macchina e Claude lo udì subito, spostando allo stesso tempo lo sguardo su di lei, come attratto da una calamita. Così incrociò gli intensi occhi neri della Inky, i quali esprimevano - nella loro innaturale espressione indifferente - una sorpresa che risultò lampante al Corvo.
    Quest'ultimo assunse un cipiglio imbarazzato in modo quasi eccessivo.
    «Cosa c'è?» chiese in tono stizzito. Era un po’ nervoso e non riusciva bene a controllare le proprie reazioni.
    La Dunkelheit spostò appena più in là gli occhi, inchiodandoli sul terzo passeggero, seduto dall'altro lato di Claude. Il ragazzo aveva la carnagione di un pallore spettrale ed indossava abiti che giudicare eleganti era eufemistico: pantaloni lunghi e stretti bianchi come la giacca. Questa era stretta attorno al suo torace esile e si allargava sul bacino, formando una specie di cono attorno alle gambe. Era chiusa sul lato sinistro del busto con bottoni nascosti sotto il lembo superiore, il quale formava con quello sottostante uno spacco largo in corrispondenza dell'inguine.
    Sulle spalle e sul retro del colletto aveva cucito un boa di pelo nero che gli arrivava fino alle ascelle.
    Sul petto, sopra il cuore, aveva appuntato un crocifisso abbastanza grosso in metallo color azzurro ghiaccio dal quale pendevano due catenelle dorate appese all'estremità opposta ad una spilletta a forma di rombo dello stesso colore della croce.
    Le mani erano coperte da guanti bianchi e ai piedi calzava stivaletti neri con le stringhe che coprivano appena le estremità dei pantaloni e che erano muniti di punta rinforzata e tacco alto ma abbastanza grosso - niente a che vedere con quelle trappole mortali che erano i tacchi a spillo.
    Era uno stile chic ma anche un po' femmineo, almeno secondo il parere di Alice.
    I capelli biondo chiarissimo gli cadevano trasversalmente sulla fronte a causa della posizione. Il giovane, infatti, stava dormendo profondamente abbandonato contro la spalla di Claude, una mano adagiata sul suo grembo mentre con un braccio il Blackrow gli cingeva il bacino, quasi a volerlo tenere vicino a sé.
    Le ciglia lunghe e nere sigillavano le sue palpebre chiuse serenamente. La sua immobilità assoluta lo faceva somigliare ad un cadavere... che poi era quel che era.
    I canini pronunciati gli fuoriuscivano dal labbro superiore.
    Era posizionato in modo quasi strategico in un angolo dell'abitacolo dove l'intelaiatura della macchina gli offriva pieno riparo dalla mefitica luce solare.
    «Lui doveva proprio venire...?» chiese Alice.
    «B-be', sì... lavora nel Reparto Ospedaliero...» esclamò Claude, un po' a disagio.
    «Ma poteva venire un suo collega...» continuò La Tenebrosa con il suo tono di voce apatico; poi soggiunse, prima di essere interrotta: «Non riesco a credere che il Corvo sia innamorato di una persona così...».
    Claude avvampò di colpo a quel commento del tutto sgradito.
    «Non è venuto per divertirsi con me, ma perché deve tenermi d’occhio per via delle gambe!» obiettò il Blackrow indignato, profondamente in imbarazzo. Non aveva mai pensato di dover parlare di quella relazione con altre persone - ed in termini così espliciti ed allusivi a comportamenti così poco pudici.
    In effetti, il Vampiro biondo si era unito a loro proprio a causa delle sue condizioni fisiche non proprio al massimo - e, tra l'altro, per diretta richiesta del "direttore". Claude non aveva avuto molta voce in capitolo.

    L'osservazione di Vivianne si era rivelata essere giusta, purtroppo per il Corvo: l'effetto della riattivazione "artificiale" dei muscoli finì mentre stava tornando in camera sua, nel bel mezzo del corridoio. Come risultato Claude ebbe soltanto un bel capitombolo a terra, dove rimase steso supino mentre tentava inutilmente di riacquisire per proprio conto la stazione eretta.
    Alla fine - anche se a malincuore - aveva accettato l'aiuto di Alice per rimettersi in piedi e, accompagnato dalla ragazza, aveva fatto ritorno presso la sua stanza.
    Una volta aperta la porta della suddetta, il Blackrow e la Dunkelheit si trovarono davanti la stanza immersa nella semioscurità ed occupata da una figura che se ne stava sdraiata su un fianco sul letto.
    Alice subito corrugò le sopracciglia in un'espressione che esplicava la sua diffidenza e l'improvvisa messa in allarme di tutti i sensi.
    Come aveva fatto quella persona - chiunque fosse - ad entrare...? La porta era chiusa fino a pochi momenti prima.
    La Inky stava per abbandonare il collega per aggredire l'intruso, quando nelle tenebre vide sfavillare due occhi color zaffiro. Lo sguardo intenso ed intrigante la bloccò per un momento, attimo che permise a Claude di intervenire: «Pierre, esci allo scoperto. Alice è un tipo diffidente...».
    Alice gli lanciò un'occhiata di sbieco che, per via della posizione e della sua scarsa altezza il suo collega non vide.
    Le iridi zaffiro svanirono accompagnate da una risatina ed il Blackrow accese la luce. Subito dopo portò la mano a coprire gli occhi della ragazza.
    «Vestiti, per favore... ora non è il momento» sentì dire la Dunkelheit al Blackrow.
    All'esclamazione seguì un verso di protesta indefinito che Alice reputò stizzoso.
    «Ehi, lasciami» protestò lei, cercando di svincolarsi dalla presa del collega. Quest'ultimo fece resistenza per un po', poi la esaudì e lei si trovò davanti un giovanotto smilzo dai capelli biondi e gli occhi zaffiro con indosso un completino elegante bianco composto di un paio di pantaloni, una camicia ed un panciotto - l’unico indumento nero, che si appaiava con gli stivaletti dello stesso colore.
    «Claude, chi è questa graziosa signorina in nero?» domandò il biondo in tono di infantile curiosità, avvicinandosi a loro. Camminando, Alice si rese conto che gli stivaletti che indossava erano muniti di tacco a causa del rumore che produceva sul pavimento.
    C’era qualcosa nel suo atteggiamento che lo rendeva strano agli occhi di lei, anche se la ragazza non seppe dire cosa fosse di preciso.
    «Una collega. Stiamo lavorando assieme» tagliò corto il Blackrow, per niente desideroso di dilungarsi troppo sulla missione.
    «Tanto piacere, signorina. Pierre Demoony, lavoro nel Reparto Ospedaliero» si presentò il giovane.
    Dopo qualche momento nel quale la Inky lo squadrò con diffidenza, rispose: «Alice Dunkelheit, Reparto Investigazioni».
    «Che ci fai qui?» intervenne il Corvo all'improvviso, rivolgendosi all’intruso.
    «E me lo chiedi pure?» replicò esasperato Pierre «Guarda in che stato sei! Non ti reggi neppure in piedi».
    «Lascia perdere, guarda... sei venuto per aiutarmi?».
    «Ovviamente!» esclamò l'altro ammiccando.
    Lo liberò da Alice e lo sollevò di peso da terra senza la minima fatica.
    «Ehi!» protestò il moro con foga.
    «Ah, che gioia...! Era da tanto che non ti prendevo tra le braccia così...!» sospirò Pierre. Sembrava in uno stato d'emozione profonda mista a nostalgia, ma non arrossì minimamente. La sua pelle rimase mortalmente pallida, segnale che Alice colse perfettamente.
    Depositò Claude sul copriletto, curandosi di mettercelo sdraiato sopra.
    «Oooh... sai che sei sexy sdraiato così?».
    Pierre sorrise in modo provocante.
    «Smettila, non è il momento» brontolò il Blackrow, deviando lo sguardo.
    C'era qualcosa di strano in quello scambio di battute. Claude non le sembrava il tipo di persona da accettare in modo scherzoso commenti di quel tenore.
    La sensazione che Alice avvertiva era dello stesso tipo di quella che le suscitava l’atteggiamento di Pierre, fatto che la mise in allerta. La Inky si avvicinò al letto lentamente, osservando i due occupanti con sguardo attento.
    Poi, finalmente, trovò il legame che le era fino ad allora sfuggito e tutto - benché in un’ottica un po’ distorta rispetto al normale - iniziò a coincidere.
    «Voi due siete una coppia?» domandò. Sembrava più una ricerca di conferma esplicita piuttosto che una richiesta vera e propria.
    «Oh, l'hai capito subito?» replicò Pierre, congiungendo i palmi delle mani davanti al petto. Sembrava estasiato dallo spirito di osservazione della ragazza, come se non gli capitasse spesso di avere a che fare con persone così intelligenti, ma Claude intervenne subito a smontare il suo entusiasmo: «Non sarà stato difficile capirlo dalle tue parole...».
    Se fosse stata un'altra persona - per esempio una di quelle agenti che stravedevano per Claude e che avrebbero dato anima e corpo pur di poter stare con lui da sole cinque minuti - sarebbe stato un trauma scoprire che il Corvo in realtà era omosessuale. Probabilmente se la cosa si fosse risaputa il ragazzo non avrebbe più avuto la stessa fama che aveva adesso, ma Alice non sapeva se ciò sarebbe stato un sollievo o meno per lui. Purtroppo lei aveva poco a che vedere con i pettegolezzi che giravano per l'Organizzazione e quello che sapeva in merito ad essi era semplicemente dovuto alle altre dipendenti del suo reparto che sparlavano del più e del meno senza curarsi della sua presenza. Da quello che sapeva lei, c’erano delle agenti che - a giudicare dal fervore con cui proclamavano a chiunque fosse nei paraggi il loro amore per Claude - se fossero venute a conoscenza di quel segreto probabilmente si sarebbero tolte la vita.
    Per fortuna Alice non era tipo da andare a sbandierare i segreti altrui per fini del genere, anche se molte stupide agenti fastidiose in meno le avrebbero permesso di lavorare meglio.
    Lo sguardo impenetrabile e apatico con il quale Alice scrutava Claude e Pierre nel mentre rifletteva su tali questioni generò dell'inquietudine nel primo, che le chiese: «Non guardarci così... sei inquietante».
    Il cipiglio di lei si fece se possibile ancor più greve.
    «Non posso farci niente» disse, sottolineando con particolare enfasi l'ultima parola: senza adrenalina in circolo non aveva modo di dare una qualche espressività a se stessa. Era una limitazione impostale dalla sua natura. La odiava anche lei, ma non poteva farci molto.
    Qualche Inky del suo stesso parere aveva provato una cura a base di continue iniezioni di adrenalina, ma alla fine le ripercussioni sul loro sistema nervoso erano state tali da richiedere l’internamento in manicomi isolati: troppa adrenalina - specialmente se non prodotta per via naturale dal proprio organismo - le rendeva soggetti pericolosi.
    «Non avrai mica qualche problema con gli omosessuali...?» intervenne Pierre, l'espressione improvvisamente altera. Pareva diventato improvvisamente molto più pericoloso rispetto a pochi minuti prima.
    «No, affatto» Alice si strinse con sufficienza nelle spalle esili «È solo che non me l'aspettavo dal Corvo».
    Claude fece per dire qualcosa, ma il suo partner parlò per primo: «Claude è un tipo abbastanza riservato».
    «Che cavolo c'entra questo adesso?!» inveì il moro, divenendo in fretta paonazzo.
    Respirò lentamente ed in maniera profonda, quindi riprese a parlare con più calma: «Dimmi per cosa sei venuto qui, Pierre. Vuoi aiutarmi? Come?».
    Aveva del lavoro da fare. La missione in cui erano coinvolti lui ed Alice era urgente e non aveva tempo per gingillarsi con quelle sciocchezze.
    «Adesso te lo mostro!» controbatté con entusiasmo il biondo, ammiccando ed alzandosi al tempo stesso.
    Sollevò una valigia argentea di media grandezza che aveva posato ai piedi del letto e che nessuno degli altri due aveva notato prima e l'appoggiò orizzontalmente sul copriletto. Aprì i ganci che la tenevano chiusa, che scattarono rumorosamente.
    «Che cosa c'è lì dentro?» chiese Alice, fissando la schiena del compagno del suo collega. Se avesse potuto avrebbe assunto un'espressione curiosa.
    «Sono per Claude, il mio caporeparto mi ha chiesto espressamente di portarteli subito con urgenza e... be', adesso capisco perché...» disse il Demoony, squadrandolo da capo a piedi con un’occhiata rapida.
    Estrasse quello che aveva tutta l'aria di essere...
    «Un maglioncino...?! Cos'è, una presa in giro?».
    Pierre lavorava in una sartoria, per cui non aveva il minimo senso che il suo caporeparto avesse ordinato con urgenza che gli recapitasse degli abiti.
    Pierre per tutta risposta rise con voce cristallina.
    «Oh, Claude caro, se tu sapessi...» esclamò con un tono che non piacque molto all'interessato.
    «Be', allora fammelo sapere...!» asserì stizzito il Blackrow.
    Il biondo allora tirò fuori anche il resto del completo, tutto nero, e lo passò al moro.
    «Mettilo» disse.
    «E perché? Sono vestiti pesanti, non fa così freddo...» obiettò Claude. Era sensibile al freddo, ma non per quello amava sudare nei vestiti. Per di più, con il lavoro che faceva, sudare gli riusciva abbastanza bene anche senza indossare maglioni quando c’erano quaranta gradi all’ombra.
    Pierre sospirò.
    «Non sono vestiti normali, questi. Sembrano pesanti, ma in realtà sono parecchio leggeri perché hanno un'intercapedine nascosta all’interno nella quale è montato un complesso elettrico» spiegò il Demoony, facendo orgoglioso sfoggio delle proprie conoscenze.
    «Questo? Leggero?» domandò il Corvo stupefatto, prendendo il maglioncino accollato e mostrandolo al proprio compare. I suoi occhi parevano porre una terza domanda, stavolta implicita, che somigliava molto ad un "mi stai prendendo in giro?".
    «Esatto, fidati» esclamò Pierre in tono semplice «Avanti, mettilo se non ti fidi» propose, tendendogli il maglioncino. Claude portò immediatamente gli occhi ad Alice, che recepì il messaggio senza bisogno che proferisse una parola; difatti disse: «Aspetto fuori».
    Uscì dalla stanza richiudendosi alle spalle la porta, contro la quale si appoggiò con la schiena incrociando le braccia sotto il seno piccolo. Attendere in un momento del genere era una scocciatura, ma era necessaria se quegli abiti sarebbero stati in grado di risolvere il problema di stabilità di Claude. Non aveva intenzione di correre in giro per la nazione in cerca di pietre antiche trascinandosi sulle spalle il suo collega come un peso morto.
    «È una ragazza carina... ma non è un po' piccola per questo tipo di lavoro?» commentò Pierre non appena la Inky fu uscita, ammirando il Blackrow mentre si denudava il torso.
    «Non è poi così piccola se lavora qui... credo abbia più o meno la mia età...» rispose Claude abbozzando un sorriso mentre si apprestava a prendere i suoi abiti nuovi.
    Non conosceva la sua età perché gli sembrava educato non chiederla esplicitamente ad una ragazza - e soprattutto perché non gli interessava saperlo - però doveva almeno essere maggiorenne per lavorare all'Organizzazione come dipendente e almeno ventenne per essere un’agente che lavorava sul campo.
    «Oh, davvero? Non si direbbe...» ammise Pierre sovrappensiero.
    Scoccò un'occhiata a Claude, mezzo nudo seduto vicino a sé, e gli posò d'istinto una mano sul torace, accarezzandogli il ventre.
    «Ora possiamo...? Almeno un bacetto...» lo supplicò il biondo con fervore.
    L'altro guardò prima lui, poi il pavimento.
    «... sì, ora sì» concesse.
    Si scambiarono un bacio intenso ma di breve durata, dato che stare a torso nudo non piaceva molto a Claude a causa della mancanza della benché minima traccia di muscolatura; dopodiché il moro si rivestì.
    Trascorsero alcuni minuti - Alice non si curò di contare se fossero cinque o più - prima che la porta dietro di lei venisse aperta e la voce di Pierre la invitasse a tornare dentro.
    La Dunkelheit, rientrando, si trovò di fronte Claude abbigliato in maniera del tutto inedita.
    Innanzitutto aveva abbandonato il suo lungo impermeabile nero. Adesso indossava il maglioncino nero che aveva visto in mano a Pierre, con le maniche lunghe e che gli copriva metà collo. Il motivo a righe verticali di due tonalità simili di nero lo faceva sembrare ancor più magro di quanto già non fosse, fatto del quale probabilmente Claude non era entusiasta.
    I pantaloni erano anch'essi neri, stretti - anche se non troppo - e dritti, di un tessuto che ad un primo sguardo sembrava jeans.
    La cosa più straordinaria, però, era che Claude stava esibendo in piedi l'abbigliamento nuovo.
    «Non dà fastidio alle articolazioni» stava dicendo quando la Inky entrò.
    «È fatto appositamente per problemi nella funzionalità degli arti dovuta al freddo» spiegò Pierre «Il complesso meccanico nascosto negli abiti libera scariche elettriche nei punti nevralgici degli arti in maniera costante, di modo che i muscoli possano essere utilizzati senza drastiche conseguenze».
    «Oh...».
    Il Blackrow passeggiò cautamente nella stanza.
    «Il maglioncino, in particolare, è un modello studiato appositamente per la tua razza, Claude: nel collo è nascosto un sensore che capta i livelli delle sostanze che ti permettono di trasformarti. Captando nel sangue il livello necessario di Corvina per la trasformazione, l'indumento si apre sulla schiena ed il complesso si attiva per corazzare le ali».
    «Che aggeggio figo» commentò il Corvo, curioso di provarlo. Alice, pur decidendo di non esprimersi in merito, era del suo stesso avviso.
    «Purtroppo però, essendo tu l'unico Corvo ad avere una sensibilità termica così spinta in tutta l'Organizzazione, non posso lasciarti andare allo sbaraglio» riprese a parlare il Demoony con voce più seria.
    «E questo che significa?» indagò Claude, scoccandogli un'occhiata decisamente velenosa: se sperava di trattenerlo lì poteva pure toglierselo dal cervello. Se era stata Vivianne a dare l'ordine che gli venisse recapitato quell'arnese - e molto probabilmente era così, anche a giudicare dalla formula con la quale lo aveva congedato nel laboratorio segreto - doveva servirgli in missione, non come originale mezzo di riabilitazione.
    Pierre sorrise gioioso e gli cinse con impeto le spalle - Claude era così alto che dovette sollevarsi un po' sulle punte dei piedi per farlo.
    «Che verrò con te per tenerti d'occhio! Mi è stato ordinato esplicitamente».
    Claude, in quel momento, aveva avuto l'orribile impressione che dietro quell'ordine ci fosse proprio Vivianne.

    Alice cominciava ad annoiarsi. Dopo aver trascorso buona parte del viaggio leggendo - nella sua borsa da viaggio portava sempre qualcosa da leggere, dato che ormai era ben consapevole che, a seconda della destinazione, il viaggio poteva durare molto - e giocherellando con l'arma fissata al suo braccio, la ragazza decise di ammazzare la noia nel modo più banale: parlando - e non limitandosi a qualche sparuta domanda.
    Così riprese a fissare Pierre, fatto di cui il Corvo si accorse immediatamente.
    «Che hai?» indagò lui, vedendo i suoi liquidi occhi neri inchiodati nuovamente sul corpo del Vampiro.
    «Sta veramente dormendo...?» chiese lei con il suo tipico tono freddo.
    «Be'... non lo definirei proprio dormire...» obiettò Claude, anche se non trovava un termine migliore di quello per qualificare lo stato nel quale si trovava Pierre - a parte morte.
    «Ma così non c'è il rischio che venga colpito dal sole?» insistette oltre la Inky. Si immaginava che quella condizione di sonno simile alla morte arrivasse senza alcun preavviso in un momento particolare della giornata, non che fosse un'azione cui si abbandonava in modo consapevole.
    «No» negò Claude «Non dormirebbe mai in un posto dove il sole potrebbe raggiungerlo... da quello che so io, l'istinto di sopravvivenza nei Vampiri è forte».
    «Vi conoscete da tanto tempo...?» continuò ad indagare Alice, intuendo di essere giunta ad un punto morto con la precedente discussione. Era meglio cambiare argomento.
    Il Corvo assunse un'espressione decisamente imbarazzata e sviò lo sguardo verso il finestrino oscurato vicino a sé.
    «Da... un po'» ammise, poi si strinse nelle spalle e aggiunse «Qualche anno».
    All'improvviso si girò verso Alice e le chiese: «Ma perché vuoi saperlo?».
    Lei scrollò con indifferenza le spalle.
    «Per sapere. Ti dà fastidio che te lo chieda?» disse.
    La domanda colse un po' alla sprovvista il moro, che si affrettò a rispondere: «No, non mi dà fastidio... è solo che tu sei la prima agente che viene a saperlo».
    L’utilizzo della parola “agente” al posto di “persona” fece intuire alla ragazza che Vivianne fosse già al corrente della relazione.
    Dopo un silenzio che si protrasse per alcuni momenti, la Dunkelheit pose la domanda che più desiderava avesse una risposta: «Avete mai fatto sesso?».
    Il Corvo divenne paonazzo, in parte per l'imbarazzo ed in parte per l'indignazione. Ringraziò di cuore che ci fosse un vetro con isolamento acustico a separare i sedili posteriori da quelli anteriori - e soprattutto dal guidatore.
    «Ma che razza di domanda è questa?!» sbottò inviperito.
    «Presumo sia una domanda intima» rispose atona la Inky.
    «È troppo intima!» replicò lui, punto sul vivo.
    «Volevo solo sapere se l'avevate fatto, non come o quante volte...» esclamò lei, banalizzando il quesito fino quasi a ridicolizzarlo.
    Claude emise un sospiro di rassegnazione ed esasperazione insieme e disse: «... sì, l'abbiamo fatto».
    Alice avrebbe detto che non l'avevano mai fatto a giudicare dalla sua accesa reazione di poco prima, ma forse Claude era un ragazzo cui piaceva tenere i propri fatti personali per sé e non andare a sbandierarli al primo che passava, come invece molti altri agenti di sua conoscenza facevano.
    La Inky tacque di nuovo, estraendo un'altra volta il suo libro col proposito di leggere.
    Claude rispettò il suo silenzio e si mise a guardare quel poco che si scorgeva al di là del vetro oscurato del finestrino, grato che la sua collega avesse rinunciato a porre domande più specifiche riguardo all’argomento “sesso”.
    Fuori dell’auto non c'era molto da vedere: il paesaggio che andava desertificandosi diveniva via via sempre più monotono e perdeva qualsiasi possibile interesse, a meno che non si fosse degli appassionati di sterpaglia arida.
    Il viaggio durò ancora alcune ore e Claude ne approfittò per dormire un po'. Non gli capitava molto spesso di rispettare gli orari tipici della sua specie. Era sempre stato un amante delle trasgressioni alle regole fin da bambino. Spesso e volentieri sgattaiolava fuori di casa per andare a giocare in pieno giorno, quando tutto il resto del suo villaggio era deserto.
    Quando arrivarono a destinazione il sole era appena calato oltre l'orizzonte.
    «Claude, siamo arrivati».
    Il Blackrow venne svegliato da scosse veementi alle spalle. Nel dormiveglia aprì gli occhi e si guardò attorno: i sedili al suo fianco erano vuoti. Lo sportello vicino a sé era aperto ed Alice riempiva una parte dello spazio col suo esile corpicino, le mani strette sulle sue spalle e l'espressione impassibile di sempre sul visetto di porcellana.
    In sfondo dietro di lei c’era il cielo violaceo che andava scurendosi pian piano.
    «Siamo arrivati?» domandò stupidamente il Corvo, ricomponendosi e muovendosi per scendere.
    Quando si mise in piedi fuori della macchina per lui fu come rinascere: l'aria fresca del crepuscolo lo rinvigorì e lo svegliò del tutto. Quel momento magico che precedeva la notte nera era come l'alba per lui. Le tenebre che calavano sempre di più ad ogni minuto che passava lo facevano sentire a suo agio.
    Si stiracchiò ed inspirò a pieni polmoni, abbandonandosi alla piacevole sensazione di quiete e vigore che avvertiva dentro.
    «Hai gli altri occhi» gli fece notare Alice.
    «Ops, ecco perché vedevo così bene...» disse Claude in tono del tutto casuale. Non si era reso conto di aver mutato gli occhi. Era la notte che si avvicinava, evidentemente. O forse non solo quella...
    Scosse la testa con forza, sforzandosi di allontanare il pensiero. Se fosse già arrivato quel momento l'avrebbe avvertito prima... probabilmente. In genere era così per lui.
    Chiuse lo sportello alle proprie spalle e l'auto nera dell'Organizzazione ripartì sgommando.
    «Mi sono riposato così bene...!» esclamò Pierre all'improvviso, avvicinandosi ai due con passo flessuoso. Prima era nascosto alla loro vista dalla macchina.
    Il Vampiro si fermò accanto al Blackrow e gli sfiorò con una mano l'avambraccio in modo sensuale.
    «Dev'essere stato un viaggio lungo e noioso...» disse, accostandosi al Corvo ed ammiccando con fare provocante.
    Sembrava molto più in forma rispetto a quand'erano partiti.
    Claude lo guardò di sbieco con cipiglio diffidente e si allontanò di un passo.
    «Ah, no» disse, squadrandolo da capo a piedi «Niente da fare, scordatelo».
    La Dunkelheit li osservò: stava assistendo a qualcosa di strano...?
    «Dai, Claude. Solo... qualcosina di veloce. Non ti porterò via molto tempo!» cercò di convincerlo l’altro.
    Adesso la Inky cominciava a capire di che cosa stavano parlando.
    «Non è il momento adesso per fare sesso. C'è del lavoro da fare» intervenne, parlando in tono completamente naturale, come se le capitasse tutti i giorni di discutere con una coppia omosessuale riguardo certi argomenti. Se ne avesse avuta l'opportunità, probabilmente la sua voce sarebbe suonata molto più rabbiosa.
    «Io non voglio farlo!» sbottò Claude indignato. Non voleva che gli fossero attribuite colpe che non erano sue.
    Al Demoony brillavano gli occhi di una luce strana in quel momento.
    «Pierre, è solo sete» disse il Corvo «Non li senti i canini?».
    Se La Tenebrosa avesse potuto avrebbe assunto un cipiglio perplesso.
    «I canini?» si chiese. Che razza di domanda era, tutti i Vampiri avevano i canini!
    Allora decise di studiare i denti del giovane in cerca di una spiegazione. Nel far ciò si rese conto di quello cui il suo collega si stava riferendo: i canini di Pierre si erano ingranditi parecchio e adesso somigliavano a due lamette d'avorio che sbucavano dal labbro superiore. Era certa che quando l'aveva guardato nella camera di Claude per la prima volta non fossero così grandi.
    «Perché hai i denti così grossi?» domandò al Vampiro, retrocedendo di un passo istintivamente. Non aveva una bella sensazione a tal riguardo.
    «Deve bere del sangue» replicò il Blackrow in tono di rimprovero, cercando di scrollarselo di dosso «E tende a diventare appiccicoso e... istintivo».
    «Non parlare di me come se non ci fossi!» protestò Pierre, protendendosi per cercare di sfiorargli l'incavo del collo con il naso.
    «Be', non abbiamo tempo per questo» decretò la Inky, già a corto di pazienza.
    «Perché non andiamo a cercarci un alloggio per la notte? Così possiamo sistemare i bagagli e Pierre» propose il Blackrow.
    Ci aveva pensato La Tenebrosa a scaricare le loro borse dalla macchina prima di svegliare il Corvo. Adesso giacevano sulla terra brulla e sabbiosa alle loro spalle.
    «Conti di rimanere a lungo?» chiese Alice, sollevando la propria borsa ed issandosela su una spalla.
    «Non proprio, però è meglio farci passare per turisti: i Ragni non amano molto quelli dell'Organizzazione, da quel che ho sentito dire in giro...» esclamò Claude.
    Le voci che gli erano arrivate dagli agenti che erano andati da quelle parti non raccontavano di viaggi esotici alla scoperta dei piaceri delle terre calde. I Ragni erano pacifici finché qualcuno non aveva la bella idea di presentarsi come agente della F.M.A., e quando si accorgevano di aver detto troppo ormai era tardi e - nei casi più fortunati - era l’ora di tagliare la corda. Altrimenti non rimaneva che scavare la fossa.
    Claude si reputava estremamente fortunato nel non avere conoscenze là nei dintorni, né tantomeno una fama tale da essere conosciuto anche in un posto isolato come quello. Sperava altrettanto di Alice, altrimenti la copertura che aveva in mente sarebbe saltata.
    «Be', allora che stiamo aspettando? Andiamo...» fece la Dunkelheit, avviandosi per prima lungo la larga strada principale che si dispiegava davanti a loro e che portava dritta ai piedi del tempio della cittadina.
    Claude e Pierre - quest'ultimo stoicamente avvinghiato al braccio del primo - la seguirono a breve distanza.
    «Benvenuti a Niamar Qur!» esclamò il Corvo a mezza voce con un sorriso amaro sul viso.
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